Secondo le rilevazioni, è buona anche la comprensione degli italiani delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale: il 40% degli intervistati dichiara infatti di conoscere ChatGpt mentre è meno informato su software simili, come Dall-e (18%), Bard di Google (16%), Stable Diffusion e Midjourney (entrambi al 12%). Il 25% ammette di non conoscere nessuno degli strumenti citati, in misura maggiore tra le persone più adulte. L’indagine registra, in via generale, un atteggiamento positivo relativo all’utilizzo di applicazioni legate all’intelligenza artificiale: per il 44% delle persone semplificheranno i processi e per il 41% saranno un valido supporto per la vita professionale. Mentre per il 26% toglieranno dei posti di lavoro, per il 24% rappresentano una minaccia per la nostra creatività umana e, per il 16%, amplificheranno ulteriormente il divario tecnologico esistente. Tornando al metaverso, le considerazioni sono più di apertura che di scetticismo: il 58% degli italiani ritiene che in futuro, grazie alle esperienze virtuali, potrà imparare a fare cose nuove, mentre per il 52% la “nuova internet” permetterà di svolgere esperienze emozionanti.
Ci sono comunque preoccupazioni per eventuali problemi di privacy (38%) e per la confusione che si potrebbe creare tra realtà fisica e virtuale (40%). L’atteggiamento più generale che emerge dalla ricerca è quello di concepire il metaverso e le cosiddette “realtà immersive” non come un’alternativa alla realtà fisica, ma un modo per esaltare i contenuti online, in particolare: gaming (48%), intrattenimento compresi film e concerti (45%) educazione e apprendimento (41%) e shopping (40%). Tuttavia, restano alcune barriere, soprattutto in termini di accessibilità: il 37% sostiene che il metaverso sia ancora troppo costoso. Per il 10%, il costo elevato dei visori è infatti il principale ostacolo all’ingresso nei mondi tridimensionali.